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L’EUROPA SI DIVIDE SULLA POLONIA

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Lo scossone all’Unione Europea viene dalla Polonia. Dalla sentenza della Corte di Varsavia che costituisce di fatto una “Polexit”, stabilendo che l’Europa non è sovrana sul Paese. Così il Consiglio europeo accantona tutte le altre questioni. Anche gravissime. Dai prezzi dell’energia ai migranti, per concentrarsi proprio sulla questione polaca. Al centro della possibile mediazione (l’Ungheria si è schierata con la Poklonia) c’è ancora Angela Merkel. Lo racconta Tommaso Ciriaco su Repubblica.

«È il suo ultimo consiglio europeo. Ma è ancora Angela Merkel a tentare la mediazione, questa volta sul caso-Polonia. Lo scontro con il premier sovranista di Varsavia, infatti irrompe nel vertice dei capi di Stato e di governo dell’Unione. L’ordine del giorno, del resto, appare immediatamente congelato. Quasi tutti i punti che richiedono una decisione operativa, dal caro bollette provocato dall’aumento del prezzo del gas fino all’emergenza migranti, vengono rinviati alla prossima riunione. Il rischio che si determini un’altra frattura nell’Ue dopo la Brexit, invece, diventa il cuore del summit. Tanto da spingere la Cancelliera dimissionaria a farsi carico di individuare un percorso che eviti la “Polexit”. Una soluzione da trovare dentro la sede istituzionale della Conferenza sull’Europa (chiamata a elaborare idee per riformare l’Unione) che potrebbe diventare improvvisamente il luogo – finora ignorato del compromesso con Morawiecki. Non è un caso che ieri l’accordo iniziale prevedeva su questa vicenda solo quattro interventi: von der Leyen, Morawiecki, l’olandese Rutte e, appunto, Merkel. È la Cancelliera a definire proprio la Conferenza il «posto giusto» per archiviare la querelle. Sa che la strada dell’accordo può essere la migliore per tutti. Per l’Europa, in modo da evitare un’altra “exit”. E per la Polonia, che rischia altrimenti di perdere i tanti fondi a sua disposizione, a partire dal Recovery. La leader è consapevole anche del fatto che il braccio di ferro porterebbe solamente ad una lunga litania di ricorsi alla Corte di Giustizia, capace di mettere in difficoltà l’Unione. La Conferenza sul futuro dell’Europa, invece, potrebbe essere il terreno neutrale nel quale la Polonia ritirerebbe di fatto la sentenza della sua Corte costituzionale che ha sancito la prevalenza del diritto nazionale su quello comunitario. Regola, tra l’altro, in palese contrasto con tutti i Trattati. Davanti agli altri leader, il premier polacco ribadisce che non si «piegherà» ai ricatti. Ma alla fine ribadisce di essere pronto al dialogo, aprendo la strada a una mediazione: «La Polonia, come stabilito dai trattati, riconosce la supremazia del diritto europeo sulla legislazione nazionale in tutti quei settori in cui le competenze sono state trasferite all’Ue». Per alzare la posta, però, Morawiecki riunisce i leader di Visegrad – Orbàn lo sostiene pubblicamente – e fa dire ad un membro del suo governo che se Bruxelles bloccherà i fondi, Varsavia stopperà il Green deal. Sullo sfondo resta allora l’ipotesi dell’attivazione dell’articolo 7 che sospende l’adesione e esclude dalla partecipazione a tutte le riunioni. È l’idea preferita dall’olandese Rutte, il più duro di tutti contro Morawiecki. Mentre il presidente francese Macron esorta Varsavia a ad avviare il dialogo. Sulla stessa linea il presidente del consiglio Ue, Charles Michel. Il resto dell’agenda del Consiglio, come detto, resta sospesa in attesa dell’arrivo del nuovo governo tedesco. Mario Draghi sollecita una soluzione rapida sui prezzi dell’energia. «Bisogna intervenire al più presto – dice – per limitare gli aumenti del prezzo dell’energia, preservare la ripresa e salvaguardare la transizione ecologica». Ma l’intesa tra i Ventisette non c’è».f

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